Won- Pyung Sohn

“Ho delle mandorle dentro di me.
E anche tu.
E anche coloro che ami e coloro che odi.
Ma nessuno può sentirle.
Si sa soltanto che ci sono.
In breve, questa è la storia di un mostro
che incontra un altro mostro.
Uno dei due mostri sono io.”
Questa è la storia di Yunjae, un bambino coreano che soffre di alessitimia: nel cervello ha delle “mandorle” troppo piccole.
Le amigdale, ghiandole dell’area cerebrale, che hanno il nome (latino) e la forma delle mandorle, non toccandosi, non permettono il corretto funzionamento del sistema limbico e del lobo frontale.
Ciò comporta che Yunjae non provi emozioni di alcun tipo: non sorride, non piange, non ha paura.
La nonna lo chiama adorabile mostriciattolo, la mamma lo definisce speciale. Gli altri lo etichettano come strano e diverso.
Ma lui resta indifferente, perché non prova alcun tipo di emozione.
Privato tragicamente e repentinamente della presenza della mamma e della nonna, Yunjae apprende poco a poco e a suo modo il significato dell’amicizia e dell’amore, grazie a Gon, il bullo, e a Dora, la svitata.
Si intuisce che le tematiche affrontate in questo romanzo sono numerose e tutte importantissime.
La diversità e la sua accettazione; il bullismo sì, ma anche le difficoltà che conducono il bullo ad essere tale; l’amicizia, la famiglia, la perdita, la malattia, l’amicizia.
E, naturalmente, l’amore: Seon, pur non sapendo perché, davanti a Dora sente il cuore battere a mille all’ora.
“Crede che mi sia preso una cotta per lei?” Mi pentii di averglielo chiesto un attimo dopo averlo fatto.
«Be’, solo il tuo cuore può saperlo, rispose lui, continuando a sorridere.
«Intende il mio cervello, vero? Non il mio cuore. Noi facciamo quello che il cervello ci ordina di fare.»
“Tecnicamente sì, ma in realtà si dice che sia tutta colpa del cuore”.
Ringrazio la Harper Collins per la copia in anteprima.