

Intervista a Camilla Rocca 🎤
La chiacchierata di oggi vede protagonista Camilla Rocca, autrice del libro Due di noi, recentemente pubblicato dalla casa editrice Garzanti.
La ringrazio per la generosità con la quale ha risposto alle mie domande 🌷
- Partiamo con il titolo. Se le “due” sono Viola e Alice, il “noi” a chi si riferisce?
Il titolo si riferisce volutamente ad una moltitudine di “noi” possibili. Alice e Viola parlano spesso al plurale, per diciotto anni hanno funzionato più come un “noi” che come un “io”, ma quel loro essere un “noi” è visto sempre da due prospettive possibili: quella di Alice, più nell’ombra, e quella di Viola, sempre in avanscoperta.
Ma c’è un altro “noi”, che Alice scopre possibile: è il “noi” della coppia, lei e Francesco. Un’unione nuova e sorprendente che destabilizza e arriva – quasi – a mettere in discussione quel “noi” originario dentro al quale Alice è sempre cresciuta.
Infine ci siamo noi, i lettori: gli adolescenti di oggi così come quelli di ieri, quelli alle prese con i primi amori, le prime scelte, le amicizie fusionali e i genitori incombenti, e quelli sempre pronti a tornare, quanto meno con la memoria, a quel periodo di sogni, di delusioni, di paure, di speranze. Seguendo le vicissitudini di Alice e Viola possiamo ripercorrere le nostre, sognando con loro, arrabbiandoci con loro, credendo, sperando, soffrendo, piangendo con loro possiamo rivivere emozioni che sono, o sono state, altrettanto nostre. In questo senso possiamo sentire che Alice e Viola non sono eroine speciali: sono semplicemente due di noi.
- Uno dei tratti più caratteristici del libro è l’ambientazione fin de siècle (diciamo), con la ricostruzione dettagliata e accuratissima di tanti aspetti socioculturali propri di quegli anni. Tra questi, spicca il riferimento all’uso del telefono cellulare, colto quasi alle origini della sua storia. Le gemelle adoperano il nuovissimo Nokia 5110, regalo della nonna per i loro diciotto anni, ma lo fanno con moderazione, senza esserne dipendenti, come invece accade a tanti ragazzi dei giorni nostri. Com’erano i legami d’amore e di amicizia senza il telefonino? Quanto sarebbe stata diversa, sotto questo punto di vista, la storia tra Alice e Francesco, se fosse stata ambientata vent’anni dopo?
La grande differenza tra il prima e dopo l’avvento del telefonino sta, a mio avviso, nel rapporto con il tempo: prima del cellulare avevamo più pazienza, se si era superato un certo orario, ad esempio, non si poteva più telefonare a casa di qualcuno e si doveva quindi aspettare l’indomani. Si accettava con assoluta naturalezza l’irraggiungibilità di qualcuno. Dopo il suo arrivo invece è emersa l’urgenza, la ricerca dell’immediatezza e questo non ha fatto che aumentare con lo sviluppo degli smartphone, whatsapp, le spunte blu, la geolocalizzazione, le ricerche sul web, gli acquisti online…
Con i social, soprattutto, il senso della distanza, della separazione, ma anche della segretezza sono cambiati. La storia tra Alice e Francesco ambientata al giorno d’oggi sarebbe quindi impensabile, così com’è descritta nel libro: senza entrare nei dettagli, per non svelare troppo della storia, mi limito a dire che, per esempio, oggi sarebbe quasi irrealistico che un’adolescente non pubblicizzi su Instagram o altri social i propri spostamenti, le grandi novità della sua vita, i suoi successi.
- I genitori delle gemelle sono complementari tra di loro: la madre più esuberante e vivace, il padre più silenzioso e meno espansivo; comunque, molto presenti nella vita dei figli, in modo discreto, ma costante; comprensivi, ma anche severi al momento giusto. Il fatto di poter contare su una famiglia così solida, quanto incide (sebbene inconsapevolmente e nonostante le contestazioni tipiche dell’età) sul carattere delle ragazze e di Alice in particolare?
Alice e Viola sono entrambe ragazze molto coscienziose, chiaramente seguite da genitori molto presenti e attenti. Ad esempio sono entrambe ottime studentesse e quando i genitori partono per il week-end si concedono delle serate in discoteca, che sarebbero proibite, ma il sabato mattina vanno comunque a scuola regolarmente, anche se stanche. La loro ribellione tipicamente adolescenziale è relativamente innocente.
Nel corso della storia però Alice si spinge sempre un po’ più lontano, le sue fughe proibite e categoricamente segrete sono via via più importanti di semplici serate con gli amici, fino a ritrovarsi all’estero senza soldi e senza un posto dove andare. Tuttavia si percepisce sempre, sullo sfondo, la sicurezza che solo il porto sicuro della famiglia può trasmettere: è grazie a questa, alla sicurezza della casa a cui si può sempre tornare, che Alice può acquisire il coraggio per spingersi sempre più lontano.
- Nel corso della lettura, ci imbattiamo in modelli diversi di amicizia e di famiglia: da un lato, Ludovica, la compagna di università della mamma delle gemelle, la ‘traditrice’, che la delude ingannandola; dall’altro, Caterina, la nuova conoscenza di Alice, che non esita a definirsene ‘amica’ solo pochi mesi dopo averla incontrata, sempre in ambito universitario.
A fronte di famiglie tradizionali (come quella delle gemelle o delle loro amiche), incontriamo anche un tipo di famiglia che oggi chiameremmo disfunzionale (quella di Francesco).
Cosa hai voluto comunicare attraverso l’inserzione nel romanzo di questi esempi antitetici?
La famiglia di Francesco è tutta il contrario di quella delle gemelle. Alice non si mostra come una ragazza forte – non è estroversa, non è appariscente, non è rumorosa – però lo è profondamente ed una forza che può attingere dalla propria famiglia, come dicevo poco sopra; Francesco al contrario cerca di apparire forte – sbruffone, ribelle -, ma solo per nascondere una profonda debolezza, causata proprio, al contrario, dallo sgretolamento della sua famiglia. Sono due modelli opposti, così come le amiche universitarie di Alice e sua madre, Ludovica e Caterina, attraverso i quali ho cercato di esprimere quanto gli altri siano determinanti nella formazione della propria personalità. I contorni del nostro sé sono sempre in costante divenire e si disegnano ogni volta grazie al confronto con gli altri, alla loro influenza o al desiderio, al contrario, di opposizione.
Nel libro Francesco parla di colori che ognuno incarna e che finiscono con mescolarsi con quelli delle persone che incontriamo, modificando la nostra sfumatura. Si chiede «Nasciamo colori primari? O forse siamo fin da sempre dei grovigli? Grovigli di storie, grovigli d’incontri». La famiglia è sicuramente il primo groviglio in cui ci ritroviamo, ma molto rapidamente subentrano anche gli amici e crescere significa proprio trovare il proprio posto, in questo groviglio, la propria strada, la propria sfumatura.
- Un episodio molto emozionante del romanzo è quello in cui Alice riceve la lettera di Caterina che la esorta a gettarsi a capofitto nella vita (“non puoi cercare il senso dell’esistenza senza esistere”); una lettera molto filosofica, attraverso la quale la ragazza augura all’amica di trovare la felicità che merita e che la colpisce al punto da spingerla ad agire nell’immediato e a partire per Parigi. “Vivere la felicità”, “vivere senza remore”: sei d’accordo con queste affermazioni o esse sono possibili solo nell’ingenuità dei diciotto anni?
Sono assolutamente d’accordo con queste affermazioni e quello che spero di comunicare, con questo libro rivolto a generazioni diverse, è proprio che non c’è un’età per “vivere”. Forse l’ingenuità dei diciotto anni autorizza a “vivere senza riflettere”, come dice Francesco, mentre più tardi si è costretti a fare i conti con la realtà. Ma con questo non si deve mai smettere di cercare se stessi, di conoscersi, di scegliersi e mai rinunciare a sognare. A nessuna età ci si deve sentire ancorati ai binari su cui ci siamo avviati e ingabbiati nei ruoli, nei personaggi che abbiamo incarnato.
- Ci puoi parlare un po’ dei personaggi maschili del romanzo?
I personaggi maschili sono abbastanza silenziosi, eppure sono tutti personaggi importanti. Primo fra tutti, ovviamente Francesco; senza voler svelare la storia, ancora una volta, per cui non l’avesse ancora letta, posso comunque anticipare che in buona parte del libro si tratta di una presenza assente, ovvero nella sua assenza dalla scena rimane comunque una presenza costante, perché è il motore di tutto il percorso di Alice. Un percorso che in fin dei conti esula da Francesco, è una sua crescita personale, è una messa in discussione di sé, della propria vita, del rapporto con Viola, con i genitori, con Milano, ma rimane sempre e comunque lui quello che, in quanto ferito, in quanto solo, in quanto deluso non sa fare altro che vivere il presente e in questo modo ha saputo distogliere Alice dal suo timore costante per il futuro. Per questo Alice l’ha scelto: «volevo scegliere Francesco perché era il colore che aveva fatto di me la migliore sfumatura di me stessa».
Altro personaggio maschile silenzioso è il padre, con cui Alice si sente più a suo agio rispetto alla madre: un padre che sa parlare con gli sguardi e con le carezze, che fa sentire Alice molto più compresa di quanto non facciano i gesti appena accennati o i monologhi concitati della madre.
Infine Tommaso, il fratello maggiore più volte nominato ma sempre lontano, assente. Fino alla fine, quasi, della storia. Il suo intervento è allora fondamentale. È lui che permette alle gemelle di capirsi e di capire i loro genitori. Anche la sua assenza viene allora compresa: le gemelle, nella loro unione, avevano escluso il mondo intero, persino il loro stesso fratello, ma solo rompendo quel muro, solo aprendo il loro blocco di cemento agli altri possono concepire un rapporto che permetta loro la libertà di essere se stesse.
- E se il tuo libro diventasse un film? Quali oggetti citati nel romanzo vorresti che assolutamente comparissero in scena (a parte il Nokia e le All Star fucsia 😉)?
Ovviamente mi divertirebbe moltissimo poter mettere in scena questa storia, visualizzare Alice con le sue All Star fucsia, la vespa blu di Francesco, il telefono della Swatch di Camilla, gli scarabei rosso e panna delle gemelle, le magliette con la pancia di fuori che oggi chiamano crop top ma per noi erano l’eredità di Non è la rai, i jeans a zampa rigorosamente troppo lunghi, i golf a righe di Absolute, i gelati confezionati, le sedie dei bar con i fili di plastica intrecciata che segavano la pelle delle cosce nude d’estate, la gente per strada con i walk-man e le cuffie con il cerchietto metallico e i dischi di gommapiuma sulle orecchie oppure il modernissimo lettore cd portatile di Alice…
Sono tutti oggetti che ancorano immediatamente la storia in un preciso periodo storico, che danno colore al contesto e suscitano un sorriso nei lettori – o in quel caso sarebbero spettatori – che quel periodo l’hanno vissuto. Così come le canzoni: non si tratta di oggetti, ma vorrei ugualmente rimanessero presenti in un’eventuale versione cinematografica.
- Ti pongo un quesito di tipo stilistico: ho notato che hai scelto il passato prossimo come tempo verbale di riferimento, al posto dei più usati passato remoto o presente. Perché?
Mi è sempre piaciuto scrivere al passato prossimo: il presente mi sembra un tempo più freddo, fattuale, meno descrittivo e riflessivo, e in quanto milanese sono poco abituata al passato remoto, che nel nostro linguaggio quotidiano non usiamo proprio mai. Invece volevo parlare con la naturalezza di una ragazza diciottenne: come ci avrebbe raccontato la storia “una di noi”.
- Ci sarà un seguito per questo romanzo?
Per il momento non l’ho previsto, la storia mi sembra conclusa: Alice ha seguito un suo percorso di crescita, ha fatto le sue scelte e lei e Viola hanno affrontato quello che queste scelte implicano per quel che riguarda il loro rapporto. Anche quest’ultimo, per l’appunto, ha seguito un percorso di crescita, di presa di consapevolezza, è maturato. Detto questo, penso che Alice e Viola rimarranno a lungo nei miei pensieri, in un certo senso fanno oramai parte di me, per cui non escludo, un giorno, di voler riprendere in mano la loro storia. Magari immaginare la versione dal punto di vista di Viola, chissà!
- Per chiudere l’intervista e salutare i lettori, ti chiedo di citare una frase del tuo libro che reputi importante o significativa.
«…io ero diventata il cucchiaio dei nostri abbracci e Viola, che avevo spinto nel mondo il giorno della nostra nascita, ora mi spingeva ad attraversarlo. E non avevamo paura: eravamo ancora insieme, in modo nuovo. Era un nuovo inizio.»
Grazie 🤍
CAMILLA ROCCA è nata a Milano nel 1982. Ha studiato Filosofia alla Statale e, grazie a uno scambio Erasmus, ha passato il terzo anno di università a Parigi, di cui si è innamorata. Proprio a Parigi è tornata dopo la laurea specialistica per un dottorato in Fenomenologia alla Sorbona. Dal 2008 vive nella capitale francese. Ha lavorato diversi anni come responsabile dei programmi di ricerca della Maison des Sciences de l’Homme Paris Nord. È sposata e ha due bambini. Ama il mare, il caldo e i colori accesi; ama i felini e ha il terrore degli insetti. Dopo diverse pubblicazioni scientifiche in campo filosofico, Due di noi segna il suo esordio nella narrativa (dal sito della casa editrice)
Grazie Garzanti per la copia omaggio 🌷
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