Dipendenza

La trilogia di Copenaghen

Tove Ditlevsen

La trilogia di Copenaghen si conclude con questo libro uscito ieri (9 aprile 2023) per Fazi editore, che ringrazio tantissimo per la copia in anteprima. 

Una lettura intensa, profondamente malinconica, che proietta in un’atmosfera quasi disperante, perché trasmette chiaramente l’abisso in cui la protagonista si è precipitata. Tanto più perché la scrittrice si esprime, al solito, con un linguaggio asciutto e diretto, senza retorica. 

La dipendenza di cui Tove diventa schiava le toglie tutto. 

Non le importa più dei genitori, degli amici, degli amori e persino dei figli.

Non le importa più di scrivere: l’attività letteraria era per lei sinonimo della vita stessa, l’unico sollievo, il solo scopo: “Quel che conta è che quando scrivo mi sento felice, come sempre. Mi sento felice e dimentico ogni cosa intorno a me”.

Invece, ad un certo punto, antinfiammatori, analgesici e sedativi diventano la sua assoluta e praticamente unica priorità, prendendo il posto di affetti e passioni. 

Basti pensare al suo terzo matrimonio, pianificato in modo scientifico affinché il marito (un medico psicopatico) possa procurarle con facilità i farmaci dei quali non può più fare a meno. 

“Petidina, penso, e questo sostantivo è come un cinguettio d’uccelli. Decido di non mollare mai la presa sull’uomo che può procurarmi un godimento così indescrivibile e beato.”

È il primo aborto l’occasione in cui Tove sperimenta per la prima volta questa sostanza. Un evento dolorosissimo, da lei tenacemente perseguito, ma che poi la lascia in preda ad insuperabili sensi di colpa.

“Non mi rammarico del mio gesto, eppure negli oscuri labirinti del pensiero ci sono vaghe orme di piedini di bambino sulla sabbia umida.”

Pubblicità