Il dio dei boschi 📖 Liz Moore

Il dio dei boschi

di Liz Moore

Traduzione di Ada Arduini

NNeditore, novembre 2024

544 pagine

22 euro (cartaceo)

9,99 euro (digitale)

Sullo sfondo suggestivo dell’Adirondack Park, una riserva naturale che si sviluppa per circa 11000 km quadrati nel nord dello stato di New York, prende vita Il dio dei boschi, l’ultimo, sorprendente romanzo di Liz Moore, un thriller dalle mille sfaccettature testuali, nel quale le ‘selve oscure’ in cui si svolgono i fatti si configurano, quasi dantescamente, come un’allegoria dei tanti intrighi e dei misteri che avvolgono i personaggi.

“…la cosa più importante era non farsi cogliere dal panico.
Alla fine [T.J.] domandò se qualcuno conosceva l’origine della parola.
«Quale parola?» chiese qualcuno dei ragazzi.
«Panico» rispose T.J. Ma nessuno alzò la mano.
Lei spiegò che veniva dal nome del dio greco Pan, il dio dei boschi. Gli piaceva fare degli scherzi alle persone, confonderle e disorientarle fino a quando non perdevano i punti di riferimento e la testa.
Farsi cogliere dal panico, spiegò T.J., significava farsi nemica la foresta. Restare calmi voleva dire farsela amica”.

I fatti si avviano nell’agosto del 1975, quando da Camp Emerson, il campo estivo di proprietà della sua stessa famiglia, scompare nel nulla la tredicenne Barbara Van Laar.

I Van Laar non vivono questo dramma per la prima volta: nel 1961 (quando Barbara non era ancora nata), infatti, anche il primogenito Bear, di appena otto anni, era sparito improvvisamente, senza essere mai più ritrovato.

Da un punto di vista strettamente tecnico, il romanzo presenta numerosi elementi interessanti.

Ad esempio, il fatto che i diversi piani temporali lungo i quali si sviluppa il racconto (gli anni ‘50, il 1961, l’estate del 1975) non procedano in ordine cronologico, ma siano alternati e sfalsati, consente all’autrice di sfruttare al massimo le potenzialità narrative del cliffhanger, evitando cali di attenzione e di concentrazione da parte del lettore.

Al variare dei piani temporali, poi, corrisponde la scelta della focalizzazione multipla, che moltiplica i punti di vista e assicura alla narrazione un più ampio respiro.

Altro punto di forza del libro è rappresentato dal sistema dei personaggi. Se nei capitoli dedicati al passato la figura di riferimento è quella di Alice, la madre del bimbo scomparso, annientata dal dolore dopo i fatti, ma anche prima, vittima di una debolezza che non le consente di cogliere le tante ambiguità dei propri familiari; nella parte ambientata nel presente l’accento cade sulla figura della giovane ispettrice di polizia che indaga sulla scomparsa di Barbara, sulla sua fatica di farsi largo in un mondo prettamente patriarcale, dominato da precisi e apparentemente inamovibili rapporti di forza.

A proposito dei fratelli Van Laar, inoltre, colpisce come sia possibile per chi legge ricostruirne la personalità e le peculiarità psicologiche, pur ‘in assenza’: essi non sono mai presenti in modo diretto sulla scena, ma solo indirettamente, attraverso le altrui testimonianze.

In generale, tutti i personaggi non appaiono mai costruiti in modo sommario o superficiale, ma anzi, sempre approfonditi in verticale, qualsiasi sia il loro ruolo: un esempio su tutti, la misteriosa Scary Mary, una sorta di fantasma di cui si dice che si aggiri per i boschi delle Adirondack, seminando il panico tra le varie generazioni di ospiti del campo. 

Va da sé che protagonisti di primo livello del testo nella sua interezza risultano proprio quegli stessi boschi, significativamente evocati da Moore già nel titolo del romanzo.

Se dunque il livello strutturale del libro offre sostanziosi spunti di analisi agli amanti della narratologia, la sua vera forza consiste nel saper suscitare il coinvolgimento ‘emozionale’ del lettore.

Il fascino dei luoghi e le atmosfere misteriose attribuiscono al racconto un carattere ‘avvolgente’, tanto più visto che all’interno di essi si muovono personaggi quasi scolpiti, il cui ruolo, in qualche caso, si chiarisce soltanto nelle ultime pagine del libro.

Libro che, in certa misura, si può considerare anche una sorta di denuncia.

Il microcosmo descritto da Moore è fortemente gerarchizzato: ne è metafora la villa dei Van Laar (Fiducia in se stessi).

“I Van Laar avevano collocato la casa in cima a un’altura, quindi tutto ciò che era vicino a Fiducia era anche sotto. Come l’Olimpo, pensò Alice”.  

In tale microcosmo, la ricchezza è di ostacolo all’autenticità delle relazioni umane, il potere è in grado di manipolare il naturale corso della giustizia, le donne sono relegate in posizione subalterna. 

Proprio per questo, dal narrato emergono con forza particolare alcune figure femminili, che, tra tanti ostacoli di vario tipo (sociali, psicologici, economici), si battono -con consapevolezza sempre maggiore- per affermare il proprio “posto nel mondo”.  Il romanzo celebra (anche) il coraggio con cui esse reclamano rispetto, libertà di scelta, autonomia di azione.

Grazie NNeditore per la copia in anteprima 🌺

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