La trilogia di Copenaghen
Tove Ditlevsen

In occasione dell’imminente pubblicazione di Dipendenza, terzo ed ultimo volume della Trilogia di Copenaghen di Tove Ditlevsen, ho voluto leggere i primi due libri dell’autrice danese, dedicati rispettivamente all’Infanzia e alla Gioventù (ringrazio la casa editrice Fazi e come al solito in particolare Cristina).
“Buia è l’infanzia, e sempre sofferente come un animaletto intrappolato in un sotterraneo e dimenticato.”
“Solo quando la si perde come una pelle di serpente la si può osservare con calma e parlarne come di una malattia lasciata alle spalle. Quasi tutti gli adulti sostengono di avere avuto un’infanzia felice, e magari ne sono davvero convinti, ma io non credo. Secondo me, sono semplicemente riusciti a dimenticarla.”
Come si può notare dalle parole della scrittrice sopra riportate, la prima fase della vita per lei non è stata particolarmente positiva: lungi dall’essere un periodo sereno e spensierato, l’infanzia viene ripetutamente paragonata ad una malattia, ad una sofferenza, addirittura ad una bara.
Piuttosto insicura e priva di autostima, la piccola Tove trascorre questi anni alla continua ricerca di affetto e consenso, soprattutto, ma invano, da parte della madre, una donna fredda, poco espansiva, che sembra infastidita dalla figlia.
Il padre, disoccupato da anni, inneggia al socialismo, ma non tollera l’idea che una donna possa dedicarsi all’attività intellettuale.
Unica consolazione, l’affetto per il fratello maggiore e per Ruth, un’amica conosciuta per le strade del quartiere.
Con nessuno Tove può condividere la sua vera passione, quella, precocissima, per la scrittura. Anche in questo caso, la ricerca di approvazione è destinata a fallire. Tuttavia, alla fine delle scuole medie, la ragazzina è abbastanza matura per capire che la scrittura è uno strumento essenziale di salvezza, indipendentemente dal successo che riscuote:
“Anche se i miei versi non piacciono a nessuno, non posso fare a meno di scriverli, perché leniscono il patimento e gli aneliti del cuore.”