
L’erede
Camilla Sten
Traduzione di Renato Zatti
Fazi editore, 2025
360 pagine
19,50 euro (cartacea)
10, 99 euro (digitale)
Secondo thriller per Camilla Sten, dopo Il villaggio perduto, L’erede narra la storia di una famiglia dai tanti segreti impronunciabili, tenuti nascosti per lunghi anni, ma che sono sul punto di essere svelati.
Il libro si apre con un(a sorta di) prologo piuttosto forte, nel quale, in termini crudi e diretti, viene descritta la morte violenta di Vivienne, nonna della protagonista Victoria Eleonor. Contestualmente, di quest’ultima, che incrocia l’assassino mentre lascia l’abitazione della donna, veniamo a sapere un particolare originale: la ragazza soffre di prosopagnosia, ovvero non sa riconoscere il volto delle persone (neanche il proprio). Particolare che si rivelerà essenziale nel prosieguo della storia per l’individuazione del colpevole.
Eleonor e sua zia Veronika, unica figlia ancora in vita della defunta Vivienne, sono le eredi di un’antica e semi abbandonata proprietà di famiglia, di cui sono ufficialmente convocate a inventariare i beni.
“…un vecchio edificio circondato da boschi e da un terreno da caccia di pertinenza, all’incirca a un’ora e mezzo di strada a nord di Stoccolma. L’aveva ereditato dopo il decesso del marito. Mio nonno materno.”
E’ proprio in questa vecchia casa che si svolge la quasi totalità del romanzo, nel rispetto di una moderna aristotelica unità di spazio, che in parte è anche unità di tempo, visto che gli eventi si sviluppano nel corso di appena due giorni.
In realtà, le vicende sono più complesse e affondano le loro radici nel passato della famiglia: ne è la prova il fatto che la narrazione del presente è alternata a quella di accadimenti risalenti agli anni 1965-66, raccontati tra le pagine di un vecchio diario. Ritrovato per caso dalla protagonista in una delle stanze della villa, esso è redatto da una giovane e misteriosa donna di nome Anushka che, in quel tempo, prestava servizio a Solhöga come cameriera.
Si avvicendano, dunque, due voci narranti, quella di Eleonor e quella di Anushka, che, a distanza di qualche decennio, soggiornano entrambe nella sontuosa dimora, entrambe essendo state vittime delle angherie e dei soprusi di Vivienne. E’ subito chiaro, infatti, che quest’ultima non ha mai rappresentato il prototipo né della generosa datrice di lavoro, né tantomeno della nonna amorevole e affettuosa:
“Non mi hai mai amata, mi hai trattata come un animale domestico, come un cagnolino. Dicevi che ero stupida e brutta, che non valevo nulla” (riflessioni di Eleonor)
“Sei una sporca ragazzina stupida che non sa parlare correttamente», mi disse, con la pelle che sembrava tendersi sulle ossa del viso. «Come puoi pensare di diventare qualcosa di diverso da una domestica?».” (dal diario di Anushka)
A fronte di personaggi maschili piuttosto insignificanti, la figura meglio delineata -nella sua ambiguità- è proprio quella di Vivienne, che muore nella prima pagina, eppure vive in ogni riga del romanzo, come un fantasma che ancora si aggira nelle stanze di Solhöga, oggetto di odio e di amore, di ammirazione e di repulsione per tutti coloro che le sono stati accanto:
“Non volevo troncare del tutto i rapporti con Vivianne. Era mia nonna in teoria, mia madre in pratica. Impossibile vivere con lei e impossibile vivere senza di lei.”
“… la amo quanto la odio. […] mi manca tanto da provare un dolore fisico e allo stesso tempo sento le prime avvisaglie di una libertà vergognosa”
Tra le pagine si accumulano elementi atti a generare tensione (forse anche troppi e troppo ‘da manuale’): il “maniero sinistro”, isolato dal resto del mondo (“Siamo in mezzo al nulla”), la bufera di neve, la sparizione inspiegabile del vecchio custode…
…e poi rumori di passi, porte che si aprono e che si chiudono da sole, scricchiolii vari, strani incidenti fuori e dentro la casa…
Mentre siamo portati a domandarci se parte di quello che accade sia vero o se sia solo frutto dell’immaginazione stressata di Eleonor, scioccata dopo la morte della nonna, un paio di colpi di scena ben piazzati chiudono il caso dell’omicidio di Vivienne (inizialmente derubricato dalla polizia a semplice furto finito male) e sigillano in modo definitivo il legame tra passato e presente, gettando nuova, nuovissima luce su cose e persone.
Grazie Fazi editore per la copia in anteprima 🌼