Lorenzo Sartori: “Il mio thriller al femminile”

Intervista a Lorenzo Sartori 🎤

Oggi vi propongo la mia chiacchierata con Lorenzo Sartori, che, per Fazi editore, ha da pochi giorni pubblicato il suo ultimo libro, Il nido del Pettirosso.

Lo ringrazio per la cortesia con cui ha risposto alle mie domande 🪻

  • Sin dal titolo e dalle prime righe, appare chiaro che l’ambientazione gioca un ruolo essenziale nel tuo libro. Perché hai voluto collegare così strettamente i fatti e gli ambienti? E perché proprio questi ambienti?

Era da un po’ di tempo che volevo scrivere un thriller ambientato in montagna. La montagna è il posto perfetto per un certo tipo di storie. È un ambiente che può essere suggestivo e al tempo stesso ostile, dove gli spazi e la natura mettono l’essere umano in una condizione di inferiorità. Poi è successo che una mia amica mia ha raccontato di quella volta in cui con la sua famiglia si è trasferita in Trentino per gestire un piccolo albergo di montagna. Mi ha raccontato della sua esperienza, delle difficoltà incontrate e mi ha portato a vedere questo posto che nella mia mente è diventato subito Il Nido del Pettirosso. Dopo due ore passate là avevo già in mente la mia storia.

  • Una delle protagoniste è Alice, un personaggio in evoluzione tra passato e presente, il cui cambiamento non è dovuto solo al trascorrere naturale del tempo, ma anche ai traumi psicologici legati alle vicissitudini familiari. La conosciamo come una ragazzina spensierata e curiosa, nel 2008; quando invece la ritroviamo nel 2019, “prova da tempo un bruciore al cuore, […] qualcosa di più simile al fuoco, e quell’incendio incontrollato le si è piantato lì in mezzo al petto e non c’è verso di spegnerlo”. Puoi parlarmi un po’ di lei?

Tra tutti i quattro componenti della famiglia Ghilardi, Alice è quella che più si lega a quei luoghi. Il suo non è stato uno sradicamento. Complice l’età, ha 12 anni, ma anche la curiosità e il desiderio di aprirsi agli altri e a questo nuovo mondo, per lei tutto da scoprire. Nella narrazione del 2008 Alice ha in sé quella purezza che le permette di entrare in sintonia con quel paesaggio. Paesaggio che però presenta dei pericoli, dove l’elemento più minaccioso resta sempre quello umano. L’Alice che troviamo 11 anni dopo, quella che decide di andare in gita con i suoi amici nei luoghi della sua infanzia, è un’Alice che ha subito un forte trauma e che porta addosso ancora i segni, sebbene gran parte di questo trauma sia rimasto sepolto nella sua mente. È un’Alice destinata ad affrontare una volta per tutte i suoi demoni.

  • Tra tanti libri per le vacanze che avresti potuto assegnare ad Alice, hai scelto Il barone rampante. Solo perché Cosimo vive sopra agli alberi come Alice vive tra boschi e montagne o c’è dell’altro?

È stata forse la lettura per le vacanze che più ricordo con piacere. Credo avessi l’età di Alice che poi è la stessa età di Cosimo, il protagonista, a inizio romanzo. In un certo senso parla del rapporto complicato e complesso tra un bambino di 12 anni e la natura, mi sembrava la lettura perfetta per la piccola Alice.

  • La coprotagonista è Laura, la madre di Sara e Alice. È una donna con dei fallimenti importanti alle spalle e una madre disperata: insomma, un personaggio umanissimo, una figura nella quale molte lettrici si possono rispecchiare. Se dovessi descriverla con tre aggettivi, quali sceglieresti e perché?

Il primo aggettivo direi che può essere “irrisolta”. Laura è una donna in fuga da se stessa e che pensa di trovare il suo posto nel mondo tornando al punto di partenza, dove è cresciuta da piccola. Un posto con cui però ha perso ogni legame. Il secondo è “autoriferita”. Tornata su quelle montagne Laura non sente il bisogno di riallacciare i rapporti con le persone o semplicemente di prendersi del tempo per farsi una passeggiata e godersi il bello di quei luoghi. Si chiude in cucina e, in gara con se stessa, cerca di essere accettata e quindi amata, attraverso i suoi piatti, che non sono comunque quelli tipici della tradizione del posto, ma quelli che vorrebbero che fossero. In tutto questo perde di vista le necessità delle persone a lei più vicine, a partire dal marito e dalle figlie. Il terzo aggettivo è “combattiva”. Quando Laura ritorna su quelle montagne, questa volta per cercare Alice, la sua combattività sarà determinante. Una combattività che si fa decisiva perché non usata per se stessa ma per una persona che ama. L’evoluzione del personaggio fa sì che questo terzo aggettivo prevalga alla fine in modo netto sugli altri due.

  • Terzo personaggio del libro è l’ispettrice Angelica Valenti. Da quanto leggiamo verso la fine del libro, sembrerebbe che la sua carriera non si concluda qui, ma che sia avviata ad una svolta di grande rilievo. Hai già in mente un seguito con lei come protagonista? 

Il Nido del Pettirosso è un romanzo autoconclusivo. Ho però voluto dare all’ispettrice Valenti una chance, la possibilità di tornare in un futuro romanzo. Non so dirti se sarà così o no. Alla fine sta un po’ anche ai lettori deciderlo.

  • In virtù delle tre precedenti domande, è lecito affermare che questo è un thriller al femminile?

Sì, decisamente. Anche se non era previsto all’inizio, nel senso che non è una cosa che era pensata in partenza, quella di scrivere un thriller al femminile. Il fatto è che i personaggi femminili sono più sfaccettati rispetto a quelli maschili come sfaccettata è la montagna.

  • Mi ha incuriosita (e anche intenerita) il personaggio di Orazio, “El Bissa” (un abitante del posto, un “omone dallo sguardo di bambino”, che sa pronunciare poche, stentate parole, sempre le stesse, e che si reca puntualmente al Nido “per il cicchetto delle nove e mezzo”). Cosa rappresenta all’interno del narrato?

Orazio è un puro ed è sempre uguale a se stesso. Non è quasi un personaggio, ma un elemento di quelle montagne, un tutt’uno con la natura e il paesaggio. Non è un caso che ad accorgersi di lui è sempre e solo Alice.

  • Qual è l’elemento narrativo che a tuo avviso non può mancare in un thriller che abbia l’aspirazione di essere credibile?

Un thriller deve essere costruito sulla tensione. Il che non significa che ci debba essere un morto ammazzato o un colpo di scena ogni tot pagine. La tensione secondo me la costruiscono soprattutto l’ambientazione e i personaggi. Devono essere credibili entrambi se vuoi che il lettore viva e respiri la prima e si identifichi con i secondi. E poi bisogna far leva sulle paure, quelle più nascoste, quelle con cui conviviamo tutti i giorni, quelle che abbiamo imparato a domesticare ma che temiamo che da un momento all’altro si ribellino.

  • Per chiudere l’intervista e salutare i lettori, ti chiedo di citare una frase del tuo libro che reputi importante o significativa.

Fu quella la prima volta in cui Alice avvertì una strana sensazione. Da quando si erano trasferiti lì, la sua famiglia non era più la stessa. Quel luogo li stava cambiando tutti.

Grazie 🤍

Grazie Fazi per la copia omaggio 🌷

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Lorenzo Sartori vive tra Crema e Milano. Giornalista e studioso di storia militare, è uno tra i maggiori divulgatori del wargame in Italia e all’estero. Dal 2000 è editore e direttore della rivista «Dadi&Piombo» nonché autore di regolamenti di gioco apprezzati in tutto il mondo. La sua produzione letteraria spazia dal fantasy al thriller passando per la fantascienza. In ambito noir, ha pubblicato, tra gli altri, Il filo sottile di Arianna (Laurana Editore, 2021), tradotto all’estero, vincitore del Premio NebbiaGialla 2020 e finalista al Premio Garfagnana in Giallo 2021. Dal 1999 si occupa di organizzazione di eventi e dal 2018 è direttore artistico del festival letterario Inchiostro di Crema. Dal 2022 dirige anche Tremosine in giallo, sul Lago di Garda (dal sito della casa editrice).

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