
Angeletto ha avuto un infanzia traumatica, dalla quale fa fatica a riprendersi (“Sapevo bene che le voragini affettive portano a disastri esistenziali”).
Ama definirsi “sopravvissuto” o “sopravvissuto negli interstizi”. Si ritiene affetto da una “disabilità congenita ai rapporti sociali’”; odia il silenzio (perché “il silenzio dei miei poteva durare settimane intere”) ed è dipendente dal latte condensato che gli serve per “compensazione somma di tutte le mancanze di coccole”.
Angeletto è un avvocato specializzato in diritto di famiglia: il suo lavoro è “un bel contrappasso” perché lui una famiglia normale non ce l’ha avuta, quindi si dà da fare per le famiglie degli altri.
“Quella che tutti chiamano normalità e per me era inarrivabile, come era stato per i miei genitori, che ne erano ossessionati”.
Se Angeletto ha avuto genitori “sciagurati”, “sciatti, anafettivi, infelici”, ha però poi trovato un riscatto nelle due donne della sua vita:
Giuditta, l’avvocata del piano di sopra, che lo ha salvato da piccolo;
e Bianca (che avrebbe dovuto essere la sua psicanalista, ed è diventata) sua moglie, che lo ha salvato da grande.
Giuditta: mamma affidataria, mamma, amica, mentore.
Bianca: “tranquilla e disponibile”, affettuosa, discreta, espertissima di fiori e piante, vegetariana, credente, anche lei sopravvissuta.
Con uno stile avvolgente e poetico, Mariapia Valadiano ci racconta un’intensa storia d’amore e di dolore, nella quale la sofferenza provata si trasforma in cura del prossimo e la memoria dei traumi subiti si fa volontà di salvezza dell’altro.
Ringrazio la casa editrice Guanda per la copia in omaggio 🌷