
Stelle cadenti
di Laura Marzi
Mondadori, 2025
216 pagine
19,00 euro (cartaceo)
9,99 euro (digitale)
SINOSSI
Torino, 1993. Ludovica e suo fratello Edoardo frequentano il liceo, vivono in una casa piena di begli oggetti, libri e opere d’arte, indossano vestiti di marca e hanno fiducia nel futuro. Sono figli di Arturo Montella, segretario regionale della Democrazia Cristiana, un uomo affascinante e carismatico la cui aura aleggia su di loro anche quando è assente. Credono nelle vite lucenti dei genitori – stelle che brillano lontane -, nella loro cultura, nella stabilità e nel benessere che incarnano. Poi, un giorno, Arturo Montella viene arrestato. I ragazzi scoprono dalla televisione che il padre è coinvolto nell’inchiesta Mani pulite: è accusato di corruzione e finanziamento illecito al partito. Il perno su cui si reggeva la famiglia Montella crolla da un giorno all’altro: mentre il padre è in carcere e la madre si adopera in ogni modo per tirarlo fuori, Ludovica e Edoardo rimangono soli e senza punti di riferimento, combattuti tra la vergogna e la rabbia. L’unico estraneo ammesso nel limbo di casa Montella è Tommaso, il miglior amico di Edoardo. E in quella bolla di tempo sospeso lui e Ludovica si scoprono attratti l’uno dall’altra. Ma Ludo sa che se il fratello indovinasse il sentimento che le esplode nel petto, rischierebbe di perdere anche lui. All’inizio di questa storia, che la segue fino all’età adulta, Ludovica non ha ancora diciott’anni, ma l’impatto destinato a deviare per sempre la traiettoria della sua vita è già avvenuto.
RECENSIONE
Stelle cadenti, secondo romanzo di Laura Marzi, recentemente pubblicato da Mondadori, è un esempio calzante di come la letteratura, tra le pagine delle sue microstorie, sappia riflettere potentemente i capitoli più ampi della macrostoria.
Il ciclone Mani pulite si abbatte sulla famiglia Montella: il libro si apre con l’arresto di Arturo, segretario della sezione regionale della DC e vicepresidente della giunta regionale.
Come tanti insieme a lui, travolti da quell’ondata di provvedimenti politico-giudiziari che ha cambiato la storia d’Italia, Arturo non è innocente e non è colpevole: è uno degli infiniti ingranaggi di un meccanismo malato nella sua interezza, che, dopo essersi mantenuto in vita per decenni, collassa su se stesso con un fragore rovinoso, che fa scandalo (non a caso, a questo proposito viene richiamata la testimonianza-denuncia di Bettino Craxi al processo Cusani).
Come nella nostra storia nazionale Mani pulite determina la fine di un mondo e l’inizio di un altro, così il giorno dell’arresto di Arturo segna uno spartiacque nella vita dei personaggi; in relazione a questo evento, si configurano un prima e un dopo, si generano situazioni nuove e per lo più indesiderate che mutano, anche radicalmente, la traiettoria delle esistenze di tutti i membri della famiglia.
Circondati in genere da ammirazione o invidia, nel giro di poche ore i Montella finiscono per suscitare disprezzo o pietà e si configurano come quattro stelle in caduta libera, che percorrono strade diverse -e solitarie- rispetto a quelle folgoranti progettate “prima”.
“[… non eravamo più delle stelle fisse, […] i Montella avevano iniziato a cadere.”
Ciò è evidente soprattutto nella parabola dei due figli, rappresentanti della nuova generazione, che paga gli errori di chi l’ha preceduta, e ancora più in particolare in quella di Ludo, che della vicenda è protagonista e voce narrante.
Quello che poteva essere il romanzo della sua formazione si configura invece come il romanzo della sua disillusione: decaduti gli ideali politici e le ambizioni accademiche coltivati durante gli anni del liceo, Ludo, adolescente sognatrice e rivoluzionaria, si trasforma poco a poco in donna cinica e disincantata, che ha tradito e rinnegato i sogni di un tempo, scendendo a patti con ‘l’arido vero’.
E’ lei stessa, lucidamente, a scrivere che l’arresto del padre causa da subito “un vuoto di senso”.
Ma potremmo aggiungere che, da quel momento, si genera in lei anche un senso di vuoto, che fa della solitudine la cifra vera della sua esistenza e che la spinge a rimpiangere per sempre il ‘prima’, cioè la vita da privilegiata (lei, leader leninista di un collettivo studentesco, che sembra in ritardo di una ventina d’anni rispetto all’andamento della macrostoria), sospirata e idealizzata nonostante la sua imperfezione di fondo: le lunghe assenza del padre, che i doveri politici trattenevano spesso fuori di casa e la latitanza della madre, impegnatissima nella conquista della propria affermazione personale, condite a una buona dose di ipocrisia e di perbenismo, avevano infatti creato la forma, ma non la sostanza, di una famiglia vera.
Eppure, agli occhi della solitaria Ludovica, quella imperfezione appare perfetta, forse perché piena di legami autentici, poi in qualche modo tutti più o meno perduti: quello fraterno per Edo; quello amoroso per Tommaso; quello filiale per Rosa, la governante, tata, baby sitter che amorevolmente si prendeva cura di loro, trascurando per questo la sua stessa famiglia (Rosa, surrogato della figura materna egoisticamente ripiegata su se stessa, nonostante la sua apparente marginalità, è una presenza discreta, ma costante, che spunta fuori in più punti del romanzo, tra i quali, significativamente, i due più importanti, cioè l’inizio e la fine).
La solitudine da un lato e il rimpianto dall’altro sono tali che la narratrice, ormai adulta, si ritrova a dialogare spesso con una immaginaria sé adolescente, che rappresenta il suo doppio o, meglio, quella parte di se stessa non cresciuta perché bloccata al momento dell’arresto di Arturo, con i suoi ideali e la sua carica oppositiva ancora del tutto intatti.
Qualche traccia concreta e non solo fantasiosa di quella Ludo rimane e, alla fine, si impone: il libro si conclude con una bella apertura sul futuro, che segna il tentativo di riscatto della protagonista, la possibilità, finalmente e semplicemente, di realizzare il sogno di amare e di essere amata.
Grazie alla casa editrice Mondadori per la copia omaggio 🌼