
Nives Bonora è la protagonista della trilogia di Cinzia Bomoll, pubblicata dalla casa editrice Ponte alle Grazie, a partire dal 2022.
La serie è composta dai seguenti titoli:
La ragazza che non c’era (2022)
Non dire gatto (2023)
Il sangue non mente (2024)
Il ritmo narrativo è sempre rapido e incalzante, tanto più che il racconto si presenta come un continuum, che collega il primo libro al secondo e il secondo al terzo: una catena di eventi concitati, segnati, in tutti e tre i casi, dall’urgenza di assicurare il prima possibile il colpevole alla giustizia.
Ne “La ragazza che non c’era” l’indagine riguarda la sorte di una giovane donna ucraina, che sembra dematerializzarsi sempre un attimo prima che le forze dell’ordine riescano a localizzarla.
In “Non dire gatto” si cerca chi ha ferito gravemente un agente della Scientifica, al quale la protagonista è molto legata.
Ne “Il sangue non mente” la Polizia deve fermare il cosiddetto “serial killer delle rosse”, uno spietato assassino che prende il nome dal colore dei capelli delle sue vittime.
Una delle direttrici fondamentali della narrazione è la famiglia, in un modo o nell’altro al centro delle tre inchieste, ma anche fattore determinante nella costruzione del personaggio principale.
L’immagine che ne emerge non è delle migliori: gli intrecci tendono a mettere in evidenza l’ipocrisia e l’attenzione esasperata per le apparenze che contraddistinguono la vita della provincia (siamo a Ferrara e dintorni, con un temporaneo trasferimento a Bologna nell’ultimo libro), nonché la falsità di certi legami, che pure dovrebbero essere i più onesti e trasparenti, ma che invece si rivelano un cumulo di bugie e menzogne prolungate per anni.
Protagonista assoluta della serie, si diceva, è l’ispettrice trentatreenne Nives Bonora, uno dei personaggi più complicati e tormentati della recente storia del thriller italiano.
“Ecco la mia vita: un perenne bunjee jumping tra paradiso e inferno”
Bella, trasandata, intuitiva, un po’ ‘selvatica’, Nives presenta un profilo psicologico complesso, che è conseguenza diretta della sua infanzia segnata dall’abbandono.
Da piccola, ha subito la fuga della madre, con la quale è rimasta sporadicamente in contatto nel tempo, attraverso poche lettere e qualche messaggio. Essendo stata rifiutata da chi l’ha messa al mondo, è cresciuta con l’idea che nessuno possa amarla veramente.
“Era la lei la prima a non credere di poter essere amata, come avrebbe potuto farlo qualcun altro?”
Con il padre, burbero e scontroso, ex maresciallo dei carabinieri, intrattiene rapporti sempre tesissimi, scanditi da lunghi silenzi e qualche offesa reciproca. Antonio Bonora, d’altronde, è incattivito dalla vita e indulge a qualche bicchiere di troppo, non essendo mai riuscito del tutto a riprendersi dalla fuga della moglie, sebbene avvenuta tanti anni prima.
Insicura, scontrosa, convinta di rovinare sempre tutto (“Rovini le cose belle”) e di non saper mantenere vicine le persone che ama, Nives ha un animo esasperatamente sensibile, come dimostrano le poesie che di nascosto scrive fin dall’adolescenza (“la sua passione randagia”) e la tenerezza che prova di fronte agli animali, tanto più se maltrattati o abbandonati.
“Aveva sempre creduto che se avesse dimostrato a qualcuno di cedere poi quella persona sarebbe sparita. Lo pensava da anni, lo aveva pensato ogni volta, con tutti quelli a cui aveva voluto bene. E allora ogni volta aveva alzato una barriera o aveva messo le mani avanti, per non rischiare d’essere scalfita.”
Nives svolge il suo lavoro come una forma di espiazione per un errore che ha commesso in passato e ha una spiccata tendenza a non rispettare regole né protocolli.
Lavora in una squadra di soli uomini, dai quali si sente non solo non abbastanza valorizzata, ma addirittura discriminata proprio in quanto donna, pur essendo consapevole del proprio valore professionale che, in certi casi, la rende migliore di tanti suoi colleghi.
Ad esempio, più di altri, troppo superficiali e frettolosi, ama soffermarsi sui dettagli, perché l’esperienza le ha insegnato che proprio lì spesso si nasconde la soluzione di un caso; inoltre, non considera un caso veramente chiuso, se non riesce a comprendere le motivazioni profonde che hanno spinto qualcuno a uccidere.
“La maggior parte delle cose non mostra il suo vero aspetto. Forse mi salva questa mia volontà di vedere oltre. Ma che condanna”
L’unica certezza inamovibile della sua vita è rappresentata dalla nonna paterna Argenta, un’arzilla e ironica ottantenne, che la comprende e la aspetta sempre, senza giudicarla mai: “le sue radici fondate in mezzo al guazzabuglio”.
Nives incrocia anche donne di ampio spessore umano e professionale: il commissario Piera Degli Esposti (“Sì, come l’attrice. Mi facilita la vita”), che anagraficamente potrebbe essere sua madre e come una madre a volte la tratta, incoraggiandola o rimproverandola a seconda delle circostanze, durante il periodo in cui lavorano insieme al caso del serial killer (“Il sangue non mente”); o la pm Serena Baruffaldi (“uno dei migliori magistrati dell’Emilia-Romagna”), nei confronti della quale l’ispettrice nutre un miscuglio di sentimenti diversi, che spaziano dall’invidia, all’ammirazione, alla gelosia.
Infatti, la pm, in un passato abbastanza remoto, ha avuto una relazione con il commissario Brandi, il grande amore di Nives Bonora.
Qui si apre un altro capitolo ingarbugliato dell’ingarbugliata vita privata della protagonista, che intrattiene un rapporto super segreto, e altrettanto burrascoso, proprio con lo stesso bel commissario, che è anche il suo capo.
L’uomo tende a non coinvolgerla mai nelle indagini, da un lato perché teme per la sua incolumità, dall’altro perché è terrorizzato dai suoi metodi poco tradizionali, dall’altro ancora perché non la stima abbastanza (questo almeno a detta di Nives, il cui punto di vista è l’unico dal quale è condotta la narrazione).
Nives è prevenuta, pensa di non essere in grado di vivere una storia d’amore “normale”, ma è innamorata di Brandi, come del resto lui lo è di lei. La loro relazione è una sorta di campo di battaglia, dal quale entrambi escono sempre feriti, ma in cui poi finiscono sempre per gettarsi di nuovo.
Benché, come si diceva, i tre volumi si presentino strettamente collegati l’uno all’altro, nel corso delle letture è possibile apprezzare una certa evoluzione dei personaggi principali, a partire dalla stessa Nives.
Dopo aver appreso alcune nuove informazioni circa la propria infanzia e la propria famiglia, ma anche grazie al contatto corroborante con il commissario Degli Esposti, che le infonde le stesse sicurezze di Nonna Argenta, l’ispettrice sembra acquisire maggiore fiducia nelle proprie possibilità e si relaziona in modo meno critico e polemico con colleghi e parenti vari.
Certe spigolosità del suo carattere iniziano pian piano a smussarsi e si intensificano l’empatia verso gli altri e l’indulgenza verso se stessa.
Nives si sta preparando (con poca sistematicità, è chiaro) per l’esame da commissario. Sapremo nei prossimi volumi se riuscirà a portare a termine con successo questo suo progetto.


